Il carnevale a Biella

Vi siete mai chiesti quale sia l’origine del carnevale?
L’opuscolo “Carvè ‘d Biela”, pubblicato dall’Amministrazione Comunale di Biella nel 1984, con lo studio sulle origini antropologiche e sociali svolto dal prof. Gustavo Buratti e indirizzato ai giovani studenti delle scuole, vuole fornire un contributo di carattere storico-culturale sul carnevale nel nostro territorio e non solo.

Per scoprire l’origine del carnevale bisogna guardare ad un passato lontano, fatto di feste e tradizioni che, nonostante il passare del tempo, ci ha lasciato in eredità sentimenti di spensieratezza e allegria.
Tutto ha un suo significato: dal mese di febbraio, alle maschere, fino agli scherzi e alla cucina, ogni cosa trova il suo perché nella storia passata.
Partiamo innanzitutto dal mese dei festeggiamenti: febbraio. Il termine “febbraio” deriva dal latino “februarius”, a sua volta derivante dall’aggettivo “februus”, ovvero “purificante”. Non a caso, in questo periodo, si celebravano feste in onore del sole “crescente”, l’inizio cioè del nuovo anno e, di conseguenza, della necessità di liberarsi delle “sozzure” dell’anno appena trascorso. Un sentimento comune tanto ai romani, che festeggiavano i Lupercalia (in onore del dio Luperco), quanto ai popoli germanici che, nello stesso periodo, celebravano i Spurcalia attraverso il sacrificio dei porci.
Probabilmente è proprio da questa usanza che i giorni del carnevale sono rimasti i “giorni grassi”, caratterizzati da pasti proprio a base di maiale. Tuttavia, un’altra motivazione del perché questi giorni vengano definiti “grassi”, va ricercata nella tradizione cristiana. Il periodo di Quaresima, infatti, comandava quaranta giorni di digiuno in vista della Pasqua (tanto che “carnevale” significa “carne-levare”, cioè liberarsi della carne) ed è dunque presumibile che la gente, per far fronte a questo momento di sacrificio, cercasse di saziarsi il più possibile.
Ma sicuramente il carnevale è conosciuto, e atteso, soprattutto per scherzi e travestimenti.
Febbraio era infatti anche il periodo delle ciabre medievali, feste chiassose durante le quali i giovani si camuffavano per farsi beffa di qualcuno.
Le maschere però possiedono anche un significato più profondo. In esse si mantiene vivo il “genius loci”, ovvero lo spirito della comunità che, in tempi passati, poteva in questo periodo far sentire la propria voce rispetto ai signori dominanti. Non a caso, tra le tante maschere esistenti, vi sono quelle che rappresentano i mestieri popolari, come quelli del contadino e del montanaro (le più famose Gianduja di Callianetto o Gioppino nel bergamasco).
                                     

Anche il Biellese possiede la sua tradizione carnevalesca ed è facile imbattersi in maschere tipiche del territorio. Il fascicolo “Carnevale a Biella” del 1983, sempre curato dall’Amministrazione Comunale di Biella, porta alla scoperta delle principali maschere biellesi, raccontando la loro storia e il loro significato, il tutto corredato dalle illustrazioni di Mauro Vercellotti.

Chi rappresenta lo spirito della gente biellese è il contadino Gipin,  originario di Camandona, insieme alla compagna Catlin-a. Ma accanto a loro si trovano tantissimi altri personaggi come il Marghè e la Lacera del Barazzetto, il Bërgè e la Bërgera a Muzzano, Ciorit e Ciorita a Valle San Nicolao, Jacolin dla Brenta e Jacolin-a daj Massé, la bella castellana e il conte di Valtrombosa al Piazzo… e moltissime altre.
Tra quelle più conosciute spiccano però maschere di…uccelli!
Ecco allora che troviamo il Cucu a Chiavazza, il Pettirosso a Occhieppo inferiore ma anche il Babi, il rospo, che è il più bell’uccello di Biella (tanto che “il processo del Babi”, rappresentato per la prima volta nel 1926, è stato per anni uno dei momenti più attesi del carnevale biellese).
 
Ma non è finita qui!
Anche gli istituti scolastici avevano le proprie maschere: ecco allora Fanfulla da Lodi all’Istituto Tecnico Industriale <<Quintino Sella>>, Cirano di Bergerac all’Istituto Tecnico per Geometri, Mercurio per l’Istituto Tecnico e Commerciale <<E. Bona>>, Nerone per il Liceo Classico e il Diavolo per il Liceo Scientifico.
Insomma, il carnevale non solo regala un momento pieno di divertimenti e di spensieratezza da passare in compagnia, ma racchiude in sé l’essenza di un mondo ormai passato.
Una festa ricca di colori e allegria nella quale, se si guarda un po’ più da vicino, si intravede la storia dei nostri territori e delle nostre comunità.

Per approfondire la storia del carnevale biellese e le sue maschere è possibile consultare sul sito della Rete Archivi Biellesi i pdf dei due opuscoli dedicati al tema, appartenenti al fondo Unione Industriale Biellese“Carnevale a Biella”(1983) e “Carvè ‘d Biela” (1984).

 

 

 

 

 

  • Sede:

    Regione Vallefredda, 1

    13867 Pray (BI)

Note:

La "Fabbrica della Ruota" è aperta al pubblico tutte le domeniche estive (dal 16 giugno al 20 ottobre 2024) nell'ambito della Rete Ecomuseale Biellese, con orario 14:30 - 18:30.
Costi di ingresso:
– ingresso normale 5,00 €
– ingresso ridotto 3,00 € (bambini con età inferiore ai 10 anni ed anziani oltre i 65 anni)
– ingresso gratis (disabili e accompagnatori, bambini sotto i 5 anni, soci DocBi, possessori Torino Abbonamento Musei)

*Il biglietto d’ingresso permette la visita guidata all'ecomuseo e alla mostra in corso.

Per il resto dell'anno la Fabbrica è aperta tutti i giorni su prenotazione per gruppi.

L'accesso per ricercatori, studiosi e tesisti al Centro di Documentazione dell'Industria Tessile è possibile su appuntamento, nei seguenti orari:
lunedì, martedì, mercoledì, giovedì e venerdì dalle 9:00 alle 13:00

Info e prenotazioni: 3513902199 (giovedì 9:00 - 13:00), fabbricadellaruota@gmail.com

Seguici su: