Maggio 1939, di Martina Mercandino

 

 

“Il mondo correva veloce verso la Seconda Guerra Mondiale, ma a me non importava niente. Non mi interessava perché pensavo che la guerra non avrebbe mai toccato una famiglia ricca e facoltosa come la mia. La prima ragazza a partire da destra sono io e, accanto a me, ci sono i miei genitori.

Questa è l’ultima foto che ho con loro. Non li ho più rivisti da quel giorno. Sono passati quindici lunghi anni da questa foto, eppure mi ricordo tutto come se fosse ieri.

All’epoca del fatto avevo appena compiuto ventuno anni e la mia vita era pressoché perfetta: ero figlia unica, ero ricca e bella e tutti gli uomini più ricchi della città facevano a gara per ottenere la mia mano. Ci trovavamo presso l’hotel Miravalle, lungo la strada per Oropa. Ero infastidita e scocciata, come potete notare dalla foto, perché non avevo alcuna voglia di seguire i miei genitori nel loro ennesimo viaggio di lavoro. Avevo altri programmi ben più interessanti per quel weekend, che sicuramente non includevano noiosissime visite di ore a vedere i vecchi lanifici della zona. 6 maggio 1939, una data che rimarrà per sempre impressa nella mia memoria. Erano le 22.00 di sabato sera, quando un gran trambusto squarciò improvvisamente il silenzio di quella serata primaverile. Alzai gli occhi al cielo infastidita da quel rumore improvviso, continuando a pettinare i miei lunghi capelli biondi. Aguzzai l’udito e riuscii a distinguere dei passi veloci che si avvicinavano alla porta della nostra stanza. Non feci in tempo a lanciare un’occhiata interrogativa a mia mamma, quando la porta si spalancò con un tonfo sordo. Mi ritrovai davanti 5 uomini con dei fucili in mano.

Senza dire nemmeno una parola due di loro afferrarono i miei genitori e li trascinarono fuori dalla stanza. Ricordo mia mamma piangente che mi supplicava di avere cura di me. Successe tutto così in fretta che non ebbi nemmeno il tempo di realizzare cosa era appena successo. Notai solo un dettaglio che accomunava quei 5 uomini, ed era l’inconfondibile stemma di un’aquila sui loro cappelli. Capii tutto solo qualche mese più tardi, quando risistemando la vecchia libreria di casa mia e trovai documenti appartenenti ai miei genitori: entrambi erano forti oppositori del regime fascista e, come ormai tutti noi sappiamo, chi si opponeva al fascismo era perseguibile.

Non ho mai saputo cosa è successo ai miei genitori, non ho mai saputo dove sono stati portati e cosa è stato fatto loro. Ciò di cui sono consapevole è che in pochi minuti mi sono vista portare via tutto il mio mondo in nome di un’assurda ideologia. Agli occhi della gente, oggi, la mia vita è ancora perfetta come allora: sono ancora giovane, sono sposata con un uomo ricco, ho due bellissimi bambini e vivo in una casa grande. Ciò che la gente non conosce è che la mia vita è stata spezzata quel maledetto 6 maggio 1939 quando mi portarono via ciò che avevo di veramente importante nella vita. Oggi sono qui per dire ai giovani di oggi e di domani di impegnarsi con tutte le loro forze per far sì che la storia non si ripeta, nessuno dovrà mai più permettere che ciò che è successo a me e a tantissime altre persone possa riaccadere. Nessuno dovrà più sentirsi in diritto di strapparvi i vostri genitori, un figlio, un parente, un amico, per un’ideologia diversa dalla vostra”.

  • Sede:

    Regione Vallefredda, 1

    13867 Pray (BI)

Note:

La "Fabbrica della Ruota" è aperta al pubblico tutte le domeniche estive nell'ambito della Rete Ecomuseale Biellese, con orario 14:30 - 18:30.

Per il resto dell'anno è aperta tutti i giorni su prenotazione per gruppi.

L'accesso per ricercatori, studiosi e tesisti al Centro di Documentazione dell'Industria Tessile è possibile su appuntamento, nei seguenti orari:
lunedì, martedì, mercoledì, giovedì e venerdì dalle 9:00 alle 13:00

Info e prenotazioni: 015/766221 (giovedì 9:00 - 13:00), fabbricadellaruota@gmail.com

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